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LUTTO NEL MONDO DELLA MUSICA
E’ morto Charlie Watts, il leggendario batterista dei Rolling Stones. Aveva 80 anni

Watts costituiva un'eccezione rispetto agli altri membri della band e in particolare alle personalità focose di Mick Jagger o di Keith Richards.

LONDRA – Addio a Charlie Watts, il leggendario batterista dei Rolling Stones. Aveva 80 anni. Nel 2004 aveva superato un cancro alla gola, ma le sue condizioni di salute erano di recente peggiorate, pare a causa di problemi al cuore. Tre settimane fa l’annuncio del tour del grande ritorno live dei Rolling Stones per quest’autunno, era stato accompagnato da quello della sua assenza, causa una non precisata operazione chirurgica, ma molti sostenevano che dovesse appunto sottoporsi a un intervento cardiaco. Charlie aveva commentato con humour inglese: “Per una volta sono andato fuori tempo”.

Watts era nato a Londra nel 1941, aveva subito messo le mani sui dischi jazz che giravano in famiglia e a 14 anni aveva iniziato a suonare la batteria.

Negli anni del liceo erano arrivate le prime band e nelle frequentazioni dei locali rhythm and blues di Londra aveva conosciuto Jagger, Richard, Jones e Stewart, il nucleo originario dei Rolling Stones cui si sarebbe unito nel 1963 per dare vita alla rivoluzione che ha travolto non solo la musica ma anche la società. In parallelo ai mega tour con gli Stones, Watts aveva mantenuto la sua passione per il jazz.

Nei momenti di stacco dalla grande macchina si dedicava a progetti come l’ultimo «ABC&D of Boogie Woogie» che lo aveva portato ad esibirsi nel 2011 anche al Blue Note di Milano.

 

Il suo stile alla batteria era davvero unico. Gli altri batteristi facevano sfoggio di kit, mentre Watts ha sempre continuato a usare i suoi quattro tamburi canonici. Un minimalismo che lo ha contraddistinto, sin dal disco di debutto degli Stones nel 1964. “Non mi sono mai piaciuti gli assoli di batteria – spiegò – ammiro chi sa farli, ma preferisco la batteria che suona per la band. La sfida con il rock’n’roll è essere regolari, il mio obiettivo è creare un sound che balla, che salta e sobbalza”.  Con il suo particolarissimo timing, il tocco swing, sempre sul tempo pur apparendo sempre fuori centro, Charlie non faceva assoli di batteria, non perché non fosse bravo abbastanza per farli, ma perché era talmente bravo da non averne bisogno.

Il suo ferro del mestiere per antonomasia era essenziale come lui. Un set della Gretsch del 1957 che aveva acquistato da una compagnia che forniva servizi di backline: due tamburi, un rullante e una grancassa.

Il suo look era perfetto: era un autentico dandy, collezionista di abiti confezionati su misura dai sarti di Savile Row – uno stile, anche qui, parecchio affine al jazz.

Watts era il vero punto di incrocio tra i musicisti degli Stones, libero anche di tenere il tempo a prescindere persino dal bassista Bill Wyman. Watts costituiva infatti un’eccezione rispetto agli altri membri della band: paragonata alle personalità focose di Mick Jagger o di Keith Richards, la sua figura era più pacata e imperturbabile, solitaria ed elegante, calma e riflessiva, apprezzata in particolare da Richards che lo riteneva “il collante della band”.

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